Comunicazione scientifica contro la disinformazione
Aprile 2019 Off Di Giovanni BrancatoMario MorcelliniConsigliere alla Comunicazione Sapienza
Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
È già una bella notizia che il magazine Sapienza medica arrivi al secondo numero. Se il primo rappresenta l’inaugurazione e l’espressione di un bisogno di comunicazione, il secondo indica una messa a sistema, la scelta di non moltiplicare impulsi ma farli diventare “preliminari di tradizione”. Il primo nodo da affrontare, nell’obiettivo di far crescere la qualità del magazine è l’eccesso di domanda di informazione scientifica e medica.
Già il termine “eccesso di domanda” racconta l’aumento di incertezza nel corpo dell’opinione pubblica che determina un surplus di bisogni in termini di risposte, aumento delle conoscenze e, infine, problem solving. Osservando criticamente questo tema, allora, emerge a ben vedere un’insufficienza quantitativa e qualitativa dell’offerta di comunicazione scientifica in Italia, e Sapienza Medica è nata anche per questo.
A sua volta, la bassa qualità dell’informazione deriva dal fatto che non sempre i giornalisti hanno una competenza adeguata sul tema. Tutto ciò ha contribuito a dar vita ad un sistema informativo poco preparato su temi scientifici, o comunque non idoneo alla loro corretta divulgazione. Le indagini longitudinali offerte dal Censis attestano che gli italiani hanno sempre manifestato una fortissima aspettativa di informazione competente. È paradossale, ma nel caso della comunicazione medica proprio il (mancato) incontro fra una domanda forte e un’offerta impreparata genera i presupposti per la proliferazione di fake news. Un fenomeno, questo, che si alimenta tanto più nella misura in cui colpisce proprio in contesti di disagio fisico o mentale, andando a incidere sugli individui più deboli, costruendo intorno a loro un labirinto da cui è difficile uscire.
Cosa possono fare dunque Accademia e informazione per una comunicazione di qualità? Anzitutto, una maggior attenzione della stampa. Non è possibile derubricare la scienza a soggetto marginale, a cui dedicare una distratta superficialità. Non lo si può fare in tempi in cui la conoscenza è socialmente più distribuita che in passato, soprattutto nelle giovani generazioni. Inoltre, bisogna introdurre l’educazione digitale nelle scuole. Ragazzi e giovani dovrebbero essere allenati a sapere come e dove reperire informazioni, riconoscere le fonti e a saperle classificare, dubitare delle informazioni superficiali o inesatte. Tale insegnamento dovrebbe continuare con crescente complessità fino all’Università; ma è proprio quest’ultima il punto di attacco e di innovazione, con particolare attenzione per le Facoltà mediche, al fine di costituire laboratori di “attacco e smontaggio” delle fake news.