Disuguaglianze in ambito medico e sanitario

Disuguaglianze in ambito medico e sanitario

Maggio 2022 Off Di Giovanni Brancato

Manuela Di Franco
Vicepreside Facoltà di Medicina e Odontoiatria

L’articolo 32 della Costituzione Italiana recita: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. 

Di conseguenza il SSN è nato con l’obiettivo di tutelare la salute come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività, e superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Esaminando i dati italiani sull’aspettativa di vita alla nascita, vediamo come la maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord-est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6. Nelle regioni del Mezzogiorno, si attesta invece a 79,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne (ISTAT 2005-2016). E questi dati di “casa nostra” introducono il tema della diseguaglianza rimandandoci direttamente al concetto di stato di salute. L’OMS definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”.

Ma quali sono i determinanti dello stato di salute che possono poi generare le diseguaglianze? Li possiamo definire legati al contesto e agli individui. I primi si riferiscono ad aspetti di sistema (organizzazione, efficacia dei servizi sanitari risorse disponibili) e di vita (grado di urbanizzazione, inquinamento ambientale, benessere economico-sociale del luogo di residenza). I fattori individuali sono sia di natura biologica come sesso, età e patrimonio genetico, sia di natura socio-economica e culturali, legati alle differenze di genere, al titolo di studio e al reddito. È ad esempio riconosciuto un legame diretto fra reddito e salute, chiamato gradiente sociale, presente non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli più ricchi. Il gradiente sociale, più o meno marcato, è un fenomeno universale. A dimostrazione di ciò, nella stessa Europa l’80.4% del 20% più ricco della popolazione si considera in buona o molto buona salute rispetto al 61.2% della popolazione più povera. Non mi soffermo sui fattori biologici, ovviamente non modificabili e campo di esclusivo intervento medico in termini di cura e di prevenzione. L’ambiente dove viviamo e lavoriamo può essere una causa delle diseguaglianze in tema di salute. Nel 2018 l’inquinamento ambientale è stato ritenuto responsabile del 4% – 7% di tutti i decessi (Health at a Glance: Europe 2020). Inoltre, nell’Unione Europea (Institute for Health Metrics and Evaluation, 2020), centinaia di migliaia di persone sviluppano varie malattie associate all’inquinamento atmosferico, con una perdita di circa 3,9 milioni di anni di vita aggiustati per la disabilità (DALY) all’anno. Quindi la qualità dell’ambiente è un determinante della salute non solo nei paesi in via si sviluppo dove mancano elementi essenziali come acqua potabile, cibo ecc., ma anche nei paesi industrializzati dove bisogna investire su uno sviluppo sostenibile.

Le differenze di genere, tanto nei paesi più ricchi quanto in quelli più poveri, influiscono su tutti i determinanti della salute sopra citati e sono causa di diseguaglianze. Sebbene le donne vivano generalmente più degli uomini, secondo i dati del 2018 (in media nei paesi dell’UE) questi ultimi potevano aspettarsi di vivere l’81% della loro vita senza disabilità, mentre questa percentuale era solo del 77% tra le donne. Questo è dovuto in parte anche al fatto che le donne vivono più a lungo, ma è noto anche che in generale le donne sono discriminate rispetto agli uomini per diversi aspetti. Per quanto riguarda il lavoro e il salario, infatti secondo i dati Eurostat, nella UE nel 2019, la retribuzione oraria lorda delle donne era, in media, del 14 % inferiore a quella degli uomini. L’accesso all’istruzione nel mondo industrializzato tra uomini e donne è sostanzialmente simile ed aumentano tendenzialmente le donne che studiano le discipline STEM, ma va detto che questo non vale nei paesi sottosviluppati dove ancora di più le differenze relative al genere si accentuano nei ceti sociali più poveri. Molti altri sono i determinati di genere alla base delle diseguaglianze come il potere economico e sociale, la funzione delle donne nell’ambito familiare e di caregiver, l’accesso alle cure, la violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica e non ultima l’attenzione della ricerca medica alle differenze di genere.

Infine la pandemia da COVID 19, che ha provocato centinaia di migliaia di morti in Europa, con in media un tasso di mortalità tra il 2020 e il 2021 del 17 % superiore per gli uomini rispetto agli anni precedenti e del 14 % per le donne, ha accentuato le disuguaglianze preesistenti nella società con un impatto sulla salute e sulla vita delle persone.

Durante la pandemia i sistemi sanitari in tutta Europa hanno dovuto adattare e riconfigurare le proprie risorse per soddisfare l’impennata senza precedenti della domanda di cure per il COVID-19. L’efficienza del sistema, l’organizzazione, le possibilità economiche, la disponibilità di medici e personale sanitario sono stati elementi determinanti. In tutti i paesi europei, le misure per aumentare la capacità di cura per i pazienti COVID-19 sono state accompagnate da un rallentamento o dalla sospensione temporanea delle cure ospedaliere “non urgenti” e “non COVID-19” (patologie croniche, cancro, interventi chirurgici, malattie mentali) con un impatto negativo sulla salute della popolazione. L’attività ambulatoriale ha seguito un andamento simile. Nella maggior parte dei sistemi sanitari europei, i servizi di assistenza primaria hanno intensificato, nei periodi di lockdown, l’uso dei servizi di telemedicina per far fronte alla diminuzione delle consultazioni faccia a faccia, proteggendo al contempo i pazienti e i lavoratori dall’ infezione. Il periodo pandemico ha quindi innescato cambiamenti significativi nelle modalità in cui vengono erogati i servizi sanitari incrementando l’utilizzo della tecnologia (televisita, teleconsulto, ecc). La pandemia ha accelerato in tutti gli stati membri l’uso delle tecnologie sanitarie digitali, già obiettivo di programma europeo. Sarà tuttavia necessario che l’accesso a queste tecnologie sia equo e reso disponibile sia per il personale sanitario (che dovrà essere adeguatamente formato), che per tutti i cittadini che devono potere accedere alle tecnologie. Diversamente più che un’opportunità sarà un altro motivo di diseguaglianze in ambito sanitario.