DSA e prestazioni accademiche: il ruolo della motivazione e della tendenza a nascondere le proprie imperfezioni
Settembre 2022 Off Di Giovanni BrancatoAnna Zegretti, Mariacarolina Vacca e Caterina Lombardo
Dipartimento di Psicologia
I disturbi specifici di apprendimento (DSA) sono caratterizzati da specifici deficit in specifiche operazioni (p.e. lettura, scrittura, calcolo) necessarie per apprendere determinati contenuti. Si tratta di disturbi di tipo evolutivo perché si manifesto tipicamente durante gli anni della scuola primaria, in seguito all’esposizione alla letto-scrittura. Tuttavia essi tendono ad essere persistenti lungo tutto l’arco di vita e addirittura aggravarsi nel caso di diagnosi tardiva o mancato riconoscimento delle più adatte strategie individuali di compensazione e supporto.
Convivere con questi disturbi non è facile e recenti studi mostrano come gli studenti universitari con DSA riportino, accanto ai deficit specifici, anche maggiori difficoltà emotive se confrontati con studenti a sviluppo tipico. Inoltre, studenti universitari con DSA, se confrontati con loro pari con DSA ma che hanno interrotto gli studi dopo il diploma, mostrano maggiori sentimenti di paura, pensieri ossessivi e tendenza al perfezionismo, mancanza di fiducia in sé stessi, insicurezza ed autocritica. Percorsi scolastici accidentati e difficili e le sfide quotidiane che persone con DSA si trovano ad affrontare durante il percorso scolastico possono associarsi a minore benessere psicologico e maggiore rischio di sviluppare sintomi psicopatologici e possono spiegare perché molte ragazze e molti ragazzi con DSA si scoraggiano e scelgono di non proseguire gli studi universitari.
Alcuni studi attribuiscono questa differenza anche al tipo di motivazione che spinge le persone in generale verso lo studio universitario. Molti studi condotti con ragazze e ragazzi a sviluppo tipico mostrano come il tipo di motivazione sia predittiva del benessere psicologico e del successo accademico: alcune persone decidono di iscriversi all’università pur non volendo (amotivazione) e in questi casi la prestazione accademica è bassa e l’abbandono probabile; altre lo fanno perché devono (motivazione estrinseca: p.e. i genitori sono laureati e si aspettano lo stesso dai figli), e anche in questi casi la prestazione è scarsa e il benessere psicologico peggiore; altre iniziano l’università perché devono ma poi finiscono con il sentire propria quella scelta (motivazione interiorizzata); altre, infine, lo fanno perché vogliono studiare e/o vogliono studiare proprio quella materia (motivazione intrinseca: es. studio perché mi piace). Solo in questi ultimi due casi le prestazioni sono buone e, nel caso della motivazione intrinseca sono anche associate a maggiore benessere psicologico. Similmente, alcune ricerche scientifiche mostrano che quegli studenti con DSA che nella loro carriera accademica riferiscono una motivazione intrinseca hanno più probabilità di successo nel loro percorso universitario, rispetto a quelli che non hanno avuto esperienze simili. Ragazze e ragazzi con DSA che scelgono di laurearsi, probabilmente lo fanno con determinazione e impegno ma se la motivazione non è intrinseca, le difficoltà che continuano ad affrontate rischiano di ridurre ulteriormente il loro senso di benessere e di auto-efficacia accademica (ovvero quanto si sentono capaci di affrontare e superare gli esami, la tesi, seguire le lezioni, ecc.), che già sappiamo essere un pò fragile.
Recentemente, per capire meglio la relazione fra motivazione, senso di autoefficacia accademica e prestazione abbiamo condotto una ricerca su 181 studenti con DSA (più del 50% matricole) valutando tramite questionari le relazioni fra queste variabili. I risultati hanno mostrato che circa il 15% dei partecipanti riferisce difficoltà emotive, prevalentemente di tipo ansioso e depressivo. Inoltre, la mancanza di motivazione intrinseca e la tendenza ad attribuire il proprio successo o le proprie difficoltà a cause esterne, sembrano incidere negativamente sul rendimento accademico. Infine, la percezione di una maggiore lentezza nella decodifica e nella scrittura è risultata correlare con un’elevata necessità nel nascondere le proprie imperfezioni.
Questi risultati incoraggiano a offrire agli studenti universitari con DSA, percorsi di counseling clinico e sul metodo di studio, agendo in particolare sulle competenze metacognitive, sulla motivazione e sul locus of control per favorire le carriere, prevenire il disagio e promuovere il benessere psicologico. Suggeriscono, inoltre, che un ostacolo importante che gli studenti con DSA potrebbero incontrare anche in contesti supportivi viene proprio dalla loro tendenza a nascondere le difficoltà, cosa che potrebbe ridurre la probabilità con cui chiedono aiuto o si fanno aiutare.