Le nuove frontiere della ricerca nelle neoplasie ematologiche: dalle terapie mirate alle CAR-T

Le nuove frontiere della ricerca nelle neoplasie ematologiche: dalle terapie mirate alle CAR-T

Aprile 2019 Off Di Giovanni Brancato

Robin Foà
Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione

 

L’Ematologia negli anni ha fatto passi avanti notevolissimi. Dall’essere, alla nascita delle discipline specialistiche, la meno ambita per la prognosi molto sfavorevole nella maggior parte dei pazienti con neoplasie ematologiche, è di fatto la disciplina medica che è avanzata maggiormente.

 

Quale ruolo riveste l’innovazione tecnologica in emato-oncologia?

L’Ematologia può essere considerata una scienza sempre più esatta. Nei centri migliori sono possibili inquadramenti diagnostici rapidi e precisi, stratificazioni prognostiche su base biologica sempre più raffinate, l’uso sempre maggiore di terapie mirate/intelligenti e un monitoraggio molto accurato della malattia minima durante il decorso clinico e quindi terapie personalizzate. Questo fa sì che oggi possiamo curare/controllare alcune leucemie acute e croniche senza chemioterapia ma utilizzando terapie meccanicistiche.

 

Come cambia l’approccio alla malattia da parte dei medici?

Molto è cambiato. Dalla costante interazione con i laboratori specialistici che spesso guidano le scelte terapeutiche, all’uso sempre più frequente di nuovi farmaci (anticorpi monoclonali, inibitori di tirosinchinasi, ecc), al concetto di malattia minima, all’uso sempre più mirato del trapianto di cellule staminali (non come ultima spiaggia), al trattamento di pazienti in età sempre più avanzata, a una cronicizzazione di molte patologie attraverso trattamenti orali che durano nel tempo, ad una maggiore interazioni con altri specialistici e con i medici di famiglia per gli effetti collaterali dei nuovi farmaci, ecc.

 

Cosa cambia, invece, per i pazienti?

Anche in questa caso parecchio. La consapevolezza che una diagnosi di leucemia, linfoma o mieloma non è una condanna, che bisogna affidarsi a centri di comprovata esperienza, che in molti casi si può guarire e/o convivere con la malattia, che la qualità di vita è un aspetto oggi di grande importanza e che l’età, a differenza del passato, per molte patologie non è più un fattore limitante, che i pazienti devono sempre interagire strettamente con il centro di riferimento e avere un rapporto fiduciario con i propri ematologi.

 

Quali sono le nuove frontiere della ricerca in quest’ambito?

La ricerca è in continua evoluzione. L’ultimo Premio Nobel per la Medicina è andato a due colleghi per i loro studi sull’immunità. L’immunoterapia sta vivendo un momento quasi rivoluzionario. Grandi aspettative sono legate oggi all’uso delle cellule CAR-T in diverse neoplasie ematologiche e molti nuovi inibitori, da soli o in combinazione, sono in via di sperimentazione.

 

Cosa sta facendo la Sapienza in tal senso? Cosa si può fare di più?

Va ricordato come l’Ematologia della Sapienza sia la più grossa realtà ematologica in Italia, dove vengono seguiti pazienti di tutte le età – bambini, adolescenti, adulti, anziani – con patologie neoplastiche e non-neoplastiche. Accoglie per anno oltre il 10% degli specializzandi in Ematologia in Italia. Il Centro è da sempre in prima linea nello sviluppo di terapie innovative. Ha in ogni momento oltre 100 protocolli clinici sperimentali aperti, soprattutto internazionali. Coordina attraverso il GIMEMA (Gruppo Italiano per le Malattie EMatologiche dell’Adulto) molti protocolli per leucemie acute e croniche. Ha in sede – unico centro in Italia – tutti i necessari laboratori specialistici (accreditati), effettua tutti i tipi di trapianto e a breve inizierà a trattare i primi pazienti con CAR-T. Molto si può ancora fare. Si è in attesa di una sede adeguata al prestigio internazionale che l’Ematologia della Sapienza ha acquistato negli anni. Passo indispensabile per essere sempre più competitivi ed attrattivi verso i tanti pazienti che afferiscono al Centro anche da altre regioni e paesi.