Medicina digitale e malattie dell’apparato digerente: una sfida oltre la pandemia SARS-CoV-2
Settembre 2021 Off Di Giovanni BrancatoLorenzo Ridola
Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione
La recente pandemia da Sars Cov-2 ha profondamente modificato l’assistenza dei pazienti, l’erogazione delle cure e dei farmaci. In particolare, il lock down prima e le restrizioni di accesso alle strutture sanitarie poi, hanno accelerato lo sviluppo di modalità alternative di “fare salute”.
La gastroenterologia, disciplina che cura pazienti con patologie del tubo digerente, del fegato, delle vie biliari e del pancreas, ha saputo adattarsi rapidamente al mutato contesto ed alle nuove esigenze.
L’utilizzo della medicina digitale ha permesso nella prima fase della pandemia, quella caratterizzata dal lockdown e dalle limitazioni di movimento da una parte e dalla conversione di intere strutture ospedaliere in Hub Covid dall’altra, di garantire ai pazienti affetti da patologie gastroenterologiche croniche almeno una assistenza a distanza. E-mail, televisite, ecc, pur non sostituendo la visita “tradizionale” permettevano al paziente un confronto con il curante, il controllo delle analisi e degli accertamenti strumentali effettuati ed una indicazione su eventuali modifiche della terapia in atto. Successivamente il legislatore ha normato e meglio definito i confini dell’utilizzo della “telemedicina”.
Un esempio è quanto messo in atto nella nostra realtà per i pazienti affetti da epatite virale cronica HCV correlata, patologia temibile per il rischio di evoluzione in cirrosi epatica e per lo sviluppo dell’epatocarcinoma. Oggi, sono disponibili farmaci antivirali estremamente efficaci e tollerati che permettono in due o tre mesi di eliminare definitivamente il virus dall’organismo del paziente. Capiamo bene come un pronto ed efficace accesso alla terapia possa rappresentare un vero e proprio “salvavita”. Tramite e-mail o “televisita” abbiamo tenuto facilmente i contatti con i pazienti ai quali, una volta definita l’indicazione al trattamento ed acquisito il consenso, veniva fornito un piano terapeutico dematerializzato per l’approvvigionamento del farmaco. Successivamente il monitoraggio dell’andamento della terapia avveniva in remoto, con accesso a distanza ai risultati degli esami ematici che permettevano di valutarne tollerabilità. In questo modo siamo riusciti a mantenere vivo il legame con i nostri assistiti, mantenere saldo il rapporto fiduciario tra paziente e medico e non perdere tempo prezioso o differire l’inizio delle terapie necessarie.
La gastroenterologia potrà migliorare in maniera significativa la qualità dell’assistenza sviluppando anche altre tecnologie di salute digitale come i “dispositivi indossabili”, che trasmettono ad uno smartwatch dati sanitari utili alla gestione di quelle malattie che necessitano di un continuo monitoraggio da parte del medico. I nostri pazienti trascorrono la maggior parte della vita lontano dalle strutture assistenziali. Se vogliamo coinvolgerli nella “cura”, dobbiamo andare oltre le mura dell’ospedale: monitorare i pazienti in remoto e in modo dinamico potrà migliorare l’assistenza sanitaria anche al di fuori delle “trincee” cliniche.