Gli effetti del coronavirus sulla natalità in Italia e nel mondo
Gennaio 2022 Off Di Giovanni BrancatoGianluca Terrin
Dipartimento Materno infantile e Scienze urologiche
Secondo accreditati istituti di statistica italiani ed esteri la forte diminuzione della natalità osservata in molti paesi del mondo è da mettere in relazione anche al dispiegarsi degli effetti negativi innescati dall’epidemia da Covid-19. La pandemia di coronavirus ha avuto un impatto forte sulle giovani coppie con posti di lavoro instabili. Queste persone hanno subito importanti perdite economiche con conseguenze sulla progettualità familiare.
Nei primi 9 mesi del 2021 le nascite in Italia sono state 12500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2020, un calo quasi doppio rispetto a quanto osservato tra gennaio e settembre dell’anno precedente. Nel 2020 i nati sono 404892, 15000 in meno rispetto al 2019. Il calo osservato nel 2020 (-2,5%) si è accentuato a novembre (-8,3% rispetto allo stesso mese del 2019) e dicembre (-10,7%), mesi in cui si cominciano a contare le nascite di bambini concepiti all’inizio dell’ondata epidemica.
Ad oggi è di 1.17 il numero medio di figli delle donne di cittadinanza italiana, il dato più basso di sempre. Il numero medio di figli per donna tra la popolazione italiana è in calo al Nord (da 1.16 a 1.14) e al Sud (da 1.23 a 1.21), mentre resta stabile al Centro (1,11). In Sardegna si registra il valore minimo pari a 0.94 che risulta in ulteriore diminuzione rispetto allo 0.97 del 2019.
La denatalità nel mondo
La denatalità tuttavia è un fenomeno che non interessa solo l’Italia ed è molto diffuso nei paesi industrializzati. La pandemia in atto peggiora le stime per il futuro in molti paesi del mondo. Ad esempio, il tasso di natalità del Giappone è sceso al valore di 1.36, che rappresenta il punto più basso nell’ultimo decennio. Il numero di bambini che nasceranno negli Usa quest’anno potrebbe ridursi da 300 a 500mila rispetto al 2020, il che equivale a una diminuzione di circa il 10% nella media del Paese, pari a un riduzione della popolazione annua di 3,7 milioni. Secondo questa analisi, una recessione più profonda e duratura significherà che il reddito vitalizio di alcune persone sarà ridotto e alcune donne non solo ritarderanno il parto, ma decideranno anche di avere meno figli.
Le conseguenze della pandemia da SARS-Cov2
La disoccupazione conseguente la pandemia sembra essere tra i fattori più importanti associati alla denatalità. Tra i giovani di 18-29 anni si stima che circa il 20% non abbia più lavorato dopo la pandemia e che circa il 25% hanno visto ridursi il proprio orario di lavoro con una grave diminuzione del reddito. Si prevedono tempi molto lunghi per controllare la pandemia attraverso lo sviluppo dei vaccini, pertanto l’impatto negativo sulle attività economiche durerà più a lungo del previsto. Se stabilità, sicurezza e prevedibilità sono fattori che promuovono la fertilità umana, al contrario la crisi sanitaria globale sta influenzando negativamente la volontà di costruire una famiglia.
Gli effetti sulla popolazione mondiale
Comprendere i modelli potenziali nei futuri livelli di popolazione è fondamentale per anticipare e pianificare il cambiamento delle strutture per età, delle esigenze di risorse e assistenza sanitaria e degli scenari ambientali ed economici. Il cambiamento delle dimensioni della popolazione e della struttura per età potrebbe avere profondi impatti economici, sociali e geopolitici in molti Paesi. Uno studio dell’Università di Washington prevede che entro il 2100 la popolazione mondiale si ridurrà da 9,7 miliardi a 8,8 miliardi. Per ciò che concerne l’Italia si presume che la nostra popolazione – che ha raggiunto il picco nel 2014 con 61 milioni di abitanti – si dimezzerà sino a circa 30,5 milioni nel 2100. Contemporaneamente si prevede che l’Italia da nona economia globale finirà al 25esimo posto nel 2100. Fra i 23 Paesi che vedranno dimezzarsi le popolazioni figurano inoltre realtà come il Giappone (da 128 mln a 60 mln) e la Thailandia. In Portogallo nel 2100 potrebbero esserci solo cinque milioni di persone. Si prevedono cali drastici pure nelle popolazioni in età lavorativa anche in Paesi come l’India e la Cina, cosa che ostacolerà la crescita economica mondiale.