COVID-19 e disuguaglianze: quando la pandemia diventa sindemia
Maggio 2022 Off Di Giovanni BrancatoCorrado De Vito
Direttore Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva
Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive
“La concentrazione e l’interazione deleteria di due o più malattie o altre condizioni di salute in una popolazione, soprattutto come conseguenza della disuguaglianza sociale e dell’esercizio ingiusto del potere”. Con queste parole, negli anni Novanta del secolo scorso, l’antropologo medico statunitense Merrill Singer definiva la “sindemia”. Questo termine, da lui stesso coniato, non è l’ennesima parola portmanteau inutilmente introdotta nel lessico medico, ma una felice intuizione che ha messo a fuoco e accreditato un concetto da tempo acquisito.
L’idea di sindemia va oltre le concettualizzazioni mediche comuni di comorbilità e morbilità – per le quali le malattie si presentano insieme o con un diverso grado di gerarchia – perché riguarda le conseguenze dell’interazione sia tra le malattie sia tra queste e i determinanti sociali, ambientali e comportamentali. Le sindemie, infatti, emergono in condizioni di disuguaglianza sanitaria dovuta alla povertà, alla stigmatizzazione o alla violenza strutturale per il ruolo causale che questi fattori rivestono nella clusterizzazione delle malattie e nell’incremento della vulnerabilità fisica e comportamentale delle persone.
Queste interazioni, che possono riguardare malattie di ogni tipo (infettive, non trasmissibili, mentali), determinano l’esacerbazione degli effetti negativi di una o di tutte le patologie coinvolte. Il concetto di sindemia è stato appunto utilizzato dallo stesso Singer per descrivere sia le interazioni con le malattie infettive, come nel caso di abuso di sostanze, violenza e AIDS (SAVA), sia con le malattie non trasmissibili come nella VIDDA (violenza, immigrazione, depressione, diabete di tipo 2 e abuso).
Numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato che anche la diffusione del COVID-19 rientra nel rapporto pandemia-sindemia. L’OMS ha individuato tre meccanismi chiave tramite i quali il COVID-19 e le sue misure di contenimento hanno creato nuove vulnerabilità tramite impatti socioeconomici disuguali che derivano: (i) dagli effetti sanitari del COVID-19 e dalle relative disuguaglianze; (ii) dalle misure di contenimento del COVID-19; (iii) dagli effetti bidirezionali tra gli impatti socioeconomici disuguali e le disuguaglianze sanitarie non legate al COVID-19.
La situazione italiana sembra essere paradigmatica di questa lettura: gli indicatori di utilizzo degli ospedali e, in misura minore, di tempestività delle procedure, sono diminuiti nei primi mesi del 2020 rispetto al 2018-2019 con riduzioni significative tra le donne, gli anziani e le persone con un basso livello di istruzione.
L’osservazione del fatto che patologie e fattori socioeconomici e comportamentali non si presentano solo parallelamente, ma sono intrecciati e cumulativi, offre uno stimolo alla realizzazione e all’organizzazione di interventi di sanità pubblica e modelli assistenziali innovativi. Il servizio sanitario può contribuire a contrastare le disuguaglianze di salute aggravate dal COVID-19 attraverso una comunicazione più efficiente e interventi appropriati a livello locale, improntando definitivamente la programmazione sanitaria alla multifattorialità e ai principi dell’approccio sindemico.