Dal sostegno alle vulnerabilità alle politiche per l’inclusione
Settembre 2022 Off Di Giovanni BrancatoFabio Lucidi
Preside Facoltà Medicina e Psicologia
Coordinatore Comitato tecnico scientifico sulla diversità e inclusione Sapienza
Dalla promulgazione delle prime leggi a sostegno dell’inclusione delle persone con disabilità nel nostro Paese, che risalgono agli anni Novanta, il tema dell’inclusione degli studenti con disabilità e DSA all’interno dei percorsi di studio di ogni ordine e grado si pone con sempre maggiore forza. L’introduzione della legge che tutela i diritti delle persone che hanno delle disabilità all’interno delle università, con servizi specifici, sussidi tecnici e didattici e il tutoraggio specializzato è del 1999. Dal 2010, la stessa legge 170 tutela anche le persone con Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) . Oltre venti anni dopo, pur nella riconosciuta mancanza di dati e conoscenze sistematiche sul tema, le principali indagini condotte a livello nazionale mostrano come il numero di studenti con disabilità e DSA sia in continuo aumento all’interno delle Università̀ italiane. I dati rilevati a ottobre 2021, per il riparto dei fondi del Decreto Ministeriale 752/2021, evidenziano che il numero di studenti con DSA è aumentato del 30% rispetto all’anno precedente: da 16.084 studenti a 20.849. Coloro che hanno disabilità superiore al 66% sono passati da 17.390 a 21.434 (+23%), mentre gli studenti con disabilità inferiore al 66% sono passati da 36.816 a 45.592 (+24%). Oltre alla progressiva crescita del numero di studenti universitari con disabilità o DSA, le recenti indagini ANVUR, mostrano che– sia pure con una marcata variabilità̀ tra gli Atenei – la composizione degli studenti seguiti dai Servizi Universitari sta aumentando e sta cambiando.
Sono dati importanti, che però non bastano a farci parlare di successo. In primo luogo, perché i giovani con disabilità e DSA che si iscrivono all’università sono ancora troppo pochi rispetto alle attese su base esclusivamente probabilistica. In secondo luogo, perché, su base nazionale, non disponiamo di indicatori sistematici circa l’andamento dei percorsi universitari degli studenti con Disabilità e DSA ,capaci di mostrarci se il sistema universitario nazionale sia stato in grado di sostituire un malinteso principio meritocratico basato su una inesistente uguaglianza con una politica universitaria equa basata sul riconoscimento e sulla valorizzazione delle enormi differenze individuali che abitano, fortunatamente, gli atenei italiani.
Va in ogni caso certamente riconosciuto che, su un piano culturale, politico e persino linguistico, anche nelle politiche su Disabilità e DSA, si è passati dai concetti di “sostegno”, “supporto” e “inserimento”, verso un approccio basato sull’“inclusione”, che si occupa di tutte e tutti, per abbattere discriminazioni e diseguaglianze e dare valore alle unicità grazie a servizi di qualità, in un’ottica multidisciplinare. A oggi, lo sforzo è quello di istituire servizi non “solo” per rispondere alle esigenze degli studenti e studentesse con disabilità e DSA ma concepiti all’interno di una visione mirata allo sviluppo di un contesto universitario davvero centrato su una costante attenzione al diritto allo studio. Su questo punto la scelta di Sapienza di istituire un Comitato Tecnico Scientifico sulla Inclusione e sulle Diversità, di identificare un coordinamento tra politiche per l’orientamento e tutoraggio, per il counseling psicologico e su DSA e Disabilità, mostra chiaramente la visione della governance.
Nella International Classification of Functioning, Disability and Health, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, definisce la disabilità come effetto della interazione non funzionale tra persone e ambiente. Dunque è sulla nostra capacità di progettare ambienti universitari capaci di interagire funzionalmente con le persone che dobbiamo riflettere. Ovviamente sono solo gli ambienti fisici a dovere essere ripensati in un’ottica di maggiore inclusione e accessibilità, ma anche quelli didattici, sociali, culturali. Con la pandemia e la conseguente necessità di ampliare la diffusione delle nuove tecnologie digitali, il panorama dei possibili servizi didattici a sostegno dell’inclusione verso l’orizzonte della multi-medialità e della multi-modalità di veicolazione dei contenuti si allarga ulteriormente, pur in presenza di ostacoli che tuttora ne rallentano la fattiva implementazione.
Sapienza, anche alla luce della sua “quarta missione” ha dunque scelto di collocare il tema nell’agenda e nel piano strategico della governance, inserendola nella cultura generale della inclusione e nelle più ampie politiche per la valorizzazione delle diversità̀. Questo però, come mostra chiaramente l’articolo di Caterina Lombardo in questo stesso numero, non ha però in nessun modo corrisposto a ridurre l’attenzione specifica sull’azione diretta alla risoluzione dei problemi specifici di studentesse e studenti con disabilità e DSA e sulla tutela dei loro diritti, bensì a riconoscere che non stiamo parlando di diritti specifici, ma di declinazioni specifiche di diritti di tutti e tutte.