I Principi dell’Universal Design e la didattica inclusiva: un’opportunità per favorire l’apprendimento di tutti, non solo degli studenti con DSA
Settembre 2022 Off Di Giovanni BrancatoSara Conforti e Caterina Lombardo
Dipartimento di Psicologia
La Legge 170 del 2010 ha disposto che scuole e università si dotassero di strutture (p.e. servizi) di supporto e offrissero agli studenti con DSA misure dispensative (p.e. non richiedere lo studio mnemonico) e strumenti compensativi (p.e. la possibilità di usare mappe concettuali); questo allo scopo di garantire il diritto all’istruzione, favorire il successo scolastico, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità, e assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. In altri termini per legge scuole e università sono chiamate ad offrire una didattica inclusiva. La legge, però, va tradotta in azioni concrete e l’importanza dell’educazione inclusiva, nel garantire l’effettivo e pieno diritto all’educazione per tutti, è stata riconosciuta anche dalle Nazioni Unite, che l’hanno inserita come quarto obiettivo tra i Sustainable Development Goalsdell’Agenda 2030, ponendo come traguardo: “fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, o opportunità di apprendimento permanente per tutti”.
La maggior parte delle università, oggi, dispone di servizi in supporto dei propri studenti con DSA, ma pensare a contesti educativi inclusivi vuol dire anche entrare nella logica della progettazione universale o “Universal Design” (UD). Il termine venne coniato nel 1985 dall’architetto statunitense Ronald Mace per la progettazione di ambienti e prodotti fruibili da tutti, indipendentemente da caratteristiche quali età, capacità, condizioni personali e presenza di disabilità. I principi su cui si basa l’UD sono: 1. Equità (“utilizzabile da chiunque”); 2. Flessibilità (“si adatta a diverse abilità”); 3. Semplicità (“facile da capire”); 4. Percettibilità (“efficiente trasmissione delle informazioni”); 5. Tolleranza all’errore (“minimi rischi o azioni non volute“); 6. Contenimento dello sforzo fisico (“minimo dispendio di energia”); 7. Misure e spazi sufficienti (“spazio idoneo per l’accesso e l’uso”).
I principi dell’UD sono stati estesi a diversi contesti, compreso quello educativo aggiungendo due punti ai sette originali: comunità di apprendimento e clima di apprendimento. L’Universal Design for Learning (UDL), e l’Universal Design for Instruction (UDI), applicano questi principi all’educazione e all’apprendimento, con lo scopo di rendere i contesti educativi flessibili e accessibili indipendentemente dalle caratteristiche individuali, evitando di progettare percorsi educativi “disabili”, ovvero percorsi educativi indirizzati a un fittizio studente “medio”. Non stiamo parlando di un approccio del tipo one size fits all nel campo dell’istruzione (come invece è quello che si rivolge allo studente medio) ma di percorsi didattici fruibili da tutti, caratterizzati da: molteplici mezzi di rappresentazione e di acquisizione delle conoscenze; mezzi diversificati di azione ed espressione; mezzi per stimolare l’impegno favorendo la motivazione all’apprendimento. In questo scenario le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) rappresentano una grande risorsa per rendere universalmente fruibile la didattica (es. video registrazione delle lezioni accessibili, piattaforma e-learning, LIM, ecc.). Esempi di cambiamenti riferiti dagli studenti di college statunitensi a seguito dell’applicazione dei principi UDL/UDI includono: maggiore chiarezza nella definizione di obiettivi e aspettative; possibilità di disporre di materiale cartaceo anche in formato elettronico (es. Word, PDF, HTML, PowerPoint); materiale del corso accessibile, chiaramente organizzato e facile da usare; presenza di un continuo feedback formativo da parte del docente; disponibilità del docente; clima inclusivo e accettante.