Il ruolo della medicina di genere nelle malattie reumatologiche
Settembre 2023 Off Di Giovanni BrancatoChiara Gioia1 e Manuela Di Franco2
1 Dipartimento di Medicina Molecolare
2 Dipartimento di Scienze Cliniche Internistiche, Anestesiologiche e Cardiovascolari
“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che chiede di essere ascoltata. Se nascerai uomo, forse ti saranno risparmiate tante umiliazioni, servitù abusi. Potrai disubbidire senza venire deriso, difenderti senza finire insultato. Naturalmente ti toccheranno altre schiavitù, altre ingiustizie. Poiché avrai la barba, rideranno se tu piangi e perfino se hai bisogno di tenerezza.” [Oriana Fallaci – Lettera a un bambino mai nato]
Uomo/donna, maschio/femmina, sesso e genere: quando difendere l’uguaglianza e quando la differenza? E in ambito medico? In medicina, nella sperimentazione farmacologica e nella ricerca scientifica, il tema delle differenze di genere è storia recentissima. La medicina fin dalle sue origini ha posto al centro l’uomo, confinando gli interessi per la salute femminile ai soli aspetti correlati alla riproduzione. L’OMS definisce la medicina di genere come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche, definite dal sesso, e socioeconomiche e culturali, definite dal genere, sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. L’epidemiologia, la clinica, la progressione delle malattie, nonché la risposta ai trattamenti e l’accesso ai servizi sanitari non sono sempre equiparabili.
Le malattie reumatologiche infiammatorie e/o immunomediate sono un esempio di patologie croniche a maggiore prevalenza femminile, nelle quali giocano un ruolo fondamentale fattori genetici e ormonali; gli estrogeni inducono una risposta immunitaria cellulare e pro-infiammatoria mentre il progesterone e gli androgeni hanno effetti immunosoppressivi e antinfiammatori. Nelle malattie reumatologiche il dolore è spesso presente e anche le sindromi dolorose croniche a patogenesi non infiammatoria o autoimmune come la Fibromialgia o l’Osteoartrosi sono caratterizzate dalla prevalenza nel genere femminile. La percezione del dolore è particolarmente influenzata dalle differenze di sesso e di genere. Ad esempio le donne sono più disponibili a riferire il dolore e a rivolgersi al medico. Da un punto di vista biologico si riscontrano diversità nella mediazione genetica (es. recettori degli oppioidi) e nella mediazione neuronale e neuro-immune del dolore tra uomini e donne. Dal livello genetico e ormonale si passa al livello cognitivo ed emozionale, dove determinante è l’interazione ambientale e sociale. Le diverse aspettative percepite dalla società, riferite agli stereotipi uomo/donna influenzano notevolmente la sensibilità al dolore e il suo impatto sulla vita quotidiana. Per gli uomini l’impatto negativo si riversa sulla carriera lavorativa, sui rapporti con la famiglia e gli amici, viene meno il loro ruolo percepito nella società di “essere forti” e “mantenere la capacità di lavorare per sostenere finanziariamente la propria famiglia”. D’altra parte, per le donne l’impatto del dolore sulla vita quotidiana, riguarda la riduzione delle attività come la cura della famiglia e la cura di sé, l’evitamento dell’attività fisica e l’incapacità di avanzare nella carriera. Il ruolo sociale condiziona anche l’aderenza alla terapia e con essa gli “outcomes” della malattia.
Solo comprendendo che uomo e donna non sono ‘copie conformi’, sarà possibile garantire a ogni individuo la migliore salute possibile, la risposta ai propri bisogni e rafforzare il concetto di centralità del paziente e di personalizzazione delle terapie.