Medicina di genere in Endocrinologia: la tiroide
Settembre 2023 Off Di Giovanni BrancatoAndrea Lenzi ed Elisa Giannetta
Dipartimento di Medicina sperimentale
Il Genere svolge un ruolo chiave nel determinare l’insorgenza e il decorso clinico delle malattie endocrinologiche ed in particolare della tiroide. Il moderno concetto di Medicina di Genere ha evidenziato molteplici nuovi aspetti relativi a questo argomento e i recenti avanzamenti scientifici in ambito endocrinologico hanno modificato l’approccio del clinico al paziente tireopatico.
Un dato ben noto è che la prevalenza delle malattie tiroidee è molto più elevata nelle donne rispetto agli uomini e questo ha varie motivazioni. Da una parte il genere femminile è maggiormente predisposto a sviluppare patologie autoimmuni, per cui la tiroide è preferenzialmente organo bersaglio. Dall’altra, strutturalmente le cellule tiroidee esprimono recettori per estrogeni e progesterone, motivo per cui dalla pubertà a tutto il periodo fertile la donna è maggiormente esposta a sviluppare la patologia nodulare tiroidea benigna e maligna, tanto che il carcinoma differenziato della tiroide ha un picco d’incidenza nelle donne in pre-menopausa. Di contro, il genere maschile rappresenta un fattore prognostico indipendente per il carcinoma papillifero della tiroide. Un recente studio di meta-analisi ha evidenziato un incremento del 50% di recidiva di malattia tumorale nel sesso maschile rispetto al sesso femminile.
Una possibile spiegazione, non clinica in senso stretto, per le differenze di genere nell’incidenza della patologia maligna tiroidea è la maggiore propensione delle donne a sottoporsi a screening preventivi ed accertamenti diagnostici.
Negli ultimi anni, l’interesse scientifico si è inoltre concentrato sulle differenza di genere osservate per gli effetti degli ormoni tiroidei sul metabolismo lipidico, dato correlato con il rischio cardio-vascolare nella dislipidemia. Gli ormoni tiroidei favoriscono l’eliminazione degli steroli neutri e degli acidi biliari e riducono l’assorbimento intestinale del colesterolo. I pazienti di sesso maschile mostrano una tendenza all’ipercolesterolemia (sia totale che LDL) dalla età giovanile fino ad oltre i 70 anni, incremento che poi subisce una flessione età-correlata. Nel sesso femminile si osserva un aumento costante fino all’età più avanzata; di conseguenza, dopo la menopausa, la prevalenza dell’ipercolesterolemia è tendenzialmente più elevata nelle donne rispetto agli uomini. Lo stesso può essere osservato relativamente all’ipertrigliceridemia. La correlazione diretta tra l’aumento dei livelli sierici di TSH e la lipidemia è fortemente sesso-specifica per i trigliceridi e il colesterolo HDL. In tale ottica, livelli di TSH nella fascia bassa del range della norma sembrano proteggere i maschi dall’iperlipemia; elevate concentrazioni di TSH nelle donne indirizza verso una possibile iperlipidemia potenzialmente dannosa a livello cardiovascolare.
Ad oggi siamo consapevoli che esistono differenze reali, sia nella diagnosi che nelle opzioni terapeutiche, tra uomini e donne. Strategie di prevenzione, sintomi, percorsi diagnostici e prescrizioni di farmaci: tutto dipende, sotto molti aspetti, anche dal genere. Non possiamo soddisfare gli standard della medicina personalizzata, per non parlare dell’appropriatezza, se non teniamo conto della diversità di genere, né nella pianificazione strategica né nella buona pratica clinica.
In quest’ottica, la Medicina di Genere rappresenta una sfida ardua, ma anche una opportunità molto entusiasmante per la Scienza Endocrinologica e per la personalizzazione delle diagnosi e terapie endocrino-metaboliche nell’ottica di una vera medicina di precisione.