Il ruolo dello specialista otorinolaringoiatra nella pandemia Covid-19

Il ruolo dello specialista otorinolaringoiatra nella pandemia Covid-19

Maggio 2020 Off Di Giovanni Brancato

Massimo Ralli
Dipartimento di Organi di Senso

Antonio Greco
Direttore Dipartimento di Organi di Senso

Marco de Vincentiis
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali

 

La pandemia causata dal virus SARS-CoV-2 (COVID-19) ha radicalmente cambiato l’approccio del medico e del sistema sanitario al malato, nel nostro come negli altri paesi coinvolti. Questo si è verificato per ogni disciplina clinica e chirurgica, e in modo particolare per alcune tra cui l’otorinolaringoiatria, la specialità che si occupa delle patologie dell’orecchio, del naso e della gola.
Ad oggi, gli operatori sanitari rappresentano circa il 20% della popolazione contagiata, e specialisti quali otorinolaringoiatri, anestesisti, odontoiatri e oftalmologi, oltre ovviamente ai medici di medicina generale, sono particolarmente a rischio di contagio. A conferma di ciò, basti ricordare che i primi morti tra i medici durante la pandemia di COVID-19 sono stati proprio medici di base, otorini ed oculisti.

 

Le attività cliniche e chirurgiche dell’otorinolaringoiatra durante la pandemia

Durante la pandemia, il ruolo dello specialista otorinolaringoiatra e le sue attività sono radialmente cambiati. I sintomi di esordio dell’infezione da SARS-CoV2 non sono specifici, e spesso nelle fasi iniziali o nei casi meno gravi sono simili a quelli di una sindrome influenzale. I sintomi classici del COVID-19, ovvero la tosse, le difficoltà respiratorie e la febbre, coinvolgono l’otorino in prima persona; difatti molto spesso, soprattutto nelle prime fasi della pandemia, i pazienti si sono rivolti proprio agli otorinolaringoiatri, così come gli stessi sono stati chiamati in pronto soccorso per valutare pazienti con questi sintomi.
Durante una consulenza otorino vengono spesso evocati atti riflessi con emissione di saliva o muco, e il viso del medico è per tutta la durata della visita a pochi centimetri di distanza dal naso e dalla bocca del paziente, la cui negatività all’infezione è per lo più non documentata o dimostrabile, con elevato potenziale di contaminazione reciproca. Inoltre, nonostante l’importanza dell’uso dei dispositivi individuali di protezione, durante la visita otorino il paziente deve togliere la mascherina esponendo il medico a possibile contagio, ma anche rendendosi più vulnerabile. Fortunatamente, la maggior consapevolezza dell’infezione e delle modalità di contagio accumulata nell’ultimo periodo ha limitato questo rischio, che si è per lo più verificato durante le prime fasi della pandemia.
Un altro importante capitolo è il coinvolgimento dell’otorinolaringoiatra nell’esecuzione dei tamponi per SARS-CoV-2. Immagini e video dell’esecuzione di tamponi per il COVID-19 sono ormai comuni sui media e familiari ai più. Il tampone viene effettuato a livello faringeo, strisciando il bastoncino cotonato sulle mucose del cavo orale tra i pilastri tonsillari e l’ugola, o rinofaringeo; in quest’ultimo caso, la corretta lunghezza del tampone da inserire deve essere circa pari alla distanza tra la narice e l’orecchio. Recentemente si è molto parlato della corretta esecuzione del tampone, che se effettuato in modo errato potrebbe dare un risultato falso negativo. In particolare, l’esecuzione del tampone rinofaringeo può essere ostica. Difatti, il rinofaringe è una struttura anatomica situata tra il naso e la bocca non facile da raggiungere per un operatore inesperto. Inoltre, anche piccole deviazioni del setto nasale possono rendere la procedura dolorosa o illudere l’operatore di aver raggiunto il rinofaringe quando invece non è cosi. Proprio per questi motivi, lo specialista otorino, che ha ovviamente una conoscenza profonda dell’anatomia del naso e del rinofaringe, viene spesso coinvolto nell’esecuzione dei tamponi.
Dal punto di vista chirurgico, l’otorinolaringoiatra viene chiamato in causa per l’esecuzione delle tracheostomie nei pazienti COVID intubati laddove queste non siano state effettuate dai colleghi anestesisti. La tracheostomia, ovvero l’apertura chirurgica della trachea con il posizionamento di una cannula che garantisce la ventilazione dall’esterno, permette una più facile gestione del paziente COVID. L’esecuzione della tracheostomia in questi pazienti comporta ovviamente un elevato rischio di contagio per il chirurgo. Inoltre, l’otorinolaringoiatra è spesso chiamato in consulenza per la gestione del paziente tracheostomizzato, e per la successiva decannulazione (ovvero la procedura di rimozione della cannula e chiusura della stomia). Anche in questi casi, il rischio di contagio è elevato per la marcata produzione ed espulsione di muco attraverso la cannula tracheale.

 

La ricerca scientifica

L’otorinolaringoiatra svolge un ruolo rilevante durante la pandemia non solo dal punto di vista clinico e chirurgico, ma anche da quello della ricerca scientifica. Durante le prime settimane, molti otorini si sono accorti che i pazienti affetti da COVID-19 lamentavano la riduzione o la perdita dell’olfatto (rispettivamente, iposmia e anosmia), e un’alterazione del gusto (disgeusia). Questi sintomi, inizialmente ignorati, sono stati poi approfonditi e si sono rivelati molto importanti. Un recente studio di Lechien ha dimostrato che su un totale di 417 pazienti con COVID-19 da lieve a moderato, l’85.6% e l’88% riportavano rispettivamente disfunzioni olfattive e gustative, con un’associazione significativa tra entrambi i disturbi. Successivi studi scientifici hanno confermato questi dati, indicando che oltre un terzo dei pazienti COVID-19 sviluppano questi sintomi nei giorni precedenti all’infezione; queste evidenze hanno permesso di utilizzare ipo/anosmia e disgeusia come campanelli d’allarme soprattutto per i pazienti asintomatici o paucisintomatici. Le cause non sono ancora note, ma potrebbero essere ricondotte ad un coinvolgimento delle terminazioni nervose a livello della mucosa olfattiva da parte del virus (come d’altronde accade per molti altri coronavirus), oppure ad un coinvolgimento del bulbo olfattivo dovuto ad un particolare neurotrofismo del virus che utilizza il naso come porta d’ingresso verso il sistema nervoso centrale, o ad entrambe le condizioni. La presenza di ipo/anosmia o disgeusia potrebbe essere per alcuni pazienti l’unico sintomo dell’infezione da COVID-19, mentre in altri potrebbe rappresentare l’indicatore di infezione da parte di un ceppo virale con particolare aggressività neurotrofica, caratterizzando così i casi più gravi.

 

La nostra esperienza

Durante la pandemia, nelle Unità Operative Complesse di Otorinolaringoiatria di Audiologia del Policlinico Umberto I sono stati trattati solo pazienti con patologie urgenti od oncologiche come da indicazioni nazionali e locali. Le condizioni di urgenza riguardano principalmente pazienti con difficoltà respiratorie, ascessi peritonsillari o laterocervicali, frattura delle ossa nasali, sanguinamenti postoperatori, epistassi, ipoacusia improvvisa e vertigini. Le procedure chirurgiche eseguite durante la pandemia sono invece principalmente tracheostomie, biopsie diagnostiche per patologie oncologiche della testa e del collo a cielo aperto, in microlaringoscopia o in endoscopia, ed interventi di chirurgia oncologica come laringectomie e parotidectomie. In tutti i casi, prima del ricovero viene eseguito un triage telefonico con particolare attenzione a tosse, febbre, dispnea, anosmia e disgeusia, e viene effettuato un tampone. Dall’inizio del lockdown, nella nostra Clinica sono state eseguite 96 procedure chirurgiche con una riduzione di circa il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, tale riduzione è perlopiù dovuta alla sospensione dell’attività chirurgica in elezione, essendo stati invece garantiti gli interventi urgenti e per i pazienti oncologici.

 

Conclusioni

La pandemia causata dal virus SARS-CoV-2 ha avuto un impatto drammatico sulle attività diagnostiche e chirurgiche dell’otorinolaringoiatria, una specialità particolarmente coinvolta nella “prima linea” della diagnosi e della gestione dei pazienti. Notevole è stato anche il contributo alla ricerca scientifica offerto dalla nostra disciplina, soprattutto per l’identificazione di alcuni sintomi, come l’ipo/anosmia e la disgeusia, comuni durante l’esordio dell’infezione o indicativi dei casi con decorso più grave. Nell’otorinolaringoiatria, così come per le altre specialità, la pandemia ha causato una drastica riduzione dell’attività ordinaria, con un impatto significativo sul servizio offerto ai pazienti. Nelle nostre unità operative, il numero di pazienti in attesa di appuntamento presso il servizio ambulatoriale è in costante aumento; tale numero è destinato ad incrementarsi ulteriormente nelle prossime settimane, rendendo difficile l’esecuzione degli esami programmati e favorendo il rischio di ritardi diagnostici con grave impatto sulla salute dei pazienti. Tale impatto diventerà ancora più evidente nel lungo termine, con effetti imprevedibili sulla nostra disciplina.