La denatalità in Italia
Gennaio 2022 Off Di Giovanni BrancatoAnna Maria Zicari
Dipartimento Materno infantile e Scienze urologiche
Il così detto “inverno demografico” che ha colpito il nostro paese negli ultimi decenni ci ha fatto collocare tra i paesi che fanno meno figli al mondo. In Italia, purtroppo, si rileva un indice di natalità paria a 6.8 nati ogni 1.000 abitanti, ben al di sotto della media europea di paesi come Spagna, Grecia, Portogallo (9.1) e nettamente inferiore rispetto a paesi europei con maggior natalità come Germania (9.3) e Francia (10.9). E tutto ciò nonostante i consistenti flussi migratori che, a partire dagli anni ’90, hanno garantito una crescita, seppur flebile, della numerosità della popolazione italiana. I medici della Società Italiana di Neonatologia, che per primi hanno assistito al fenomeno “denatalità”, affermano che, in poco più di 50 anni, siamo passati dal “baby boom” degli anni ’60 al “baby flop” dei nostri giorni.
Tale andamento viene confermato dai recenti report epidemiologici Istat da cui emerge come nel nostro paese l’infanzia è definita “a rischio di estinzione”. Se infatti nel 2020 si osservava, rispetto al 2019, una riduzione della natalità di circa quindicimila nascite (-2,5% nei primi 10 mesi dell’anno e -10,7% nel solo mese di dicembre), già nei primi 9 mesi del 2021 si registrava un ulteriore record negativo, con 12.500 nascite in meno rispetto al 2020, un calo quasi doppio rispetto all’anno precedente, che lasciava pochi dubbi sul preoccupante e progressivo andamento demografico. Di conseguenza, il già esiguo numero medio di figli per donna, da 1.44 (2008-2010) si è ridotto a 1.24 per i residenti del nostro paese ed è sceso ancora più in basso, a 1.18, se si considerano esclusivamente le donne di etnia italiana, anche se con piccole e alterne differenze nelle varie regioni. Si è passati dalla riduzione numerica delle famiglie con “secondi figli” alla forte contrazione dei nuclei familiari con “primi figli” e al notevole innalzamento dell’età della maternità, causa o conseguenza della prolungata permanenza dei giovani nelle famiglie di origine, del protrarsi dei tempi della formazione e delle difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro.
Questi dati di sconfortante declino demografico sono anche il frutto di una politica socio-economica che da troppi anni è carente nel sostegno alle famiglie in generale e alle donne madri in particolare. Nel 2020, con il “Family Act”, è stato fatto il primo passo in avanti concreto per sostenere la genitorialità e mettere i bambini al centro delle politiche familiari: “i figli sono e devono rappresentare un valore aggiunto per la loro famiglia e per la società che deve accogliere e condividere con i genitori il compito di accudirli e educarli, conciliando la vita familiare con il lavoro e promuovendo la parità di genere”. Ma, in pratica, ancora molto deve essere fatto.
Un ruolo aggravante aggiuntivo, sul già triste scenario, lo sta avendo la Pandemia COVID-19 che, oltre alla riduzione dell’invecchiamento della popolazione per l’ enorme numero di decessi (…per ogni fiocco azzurro o rosa nello scorso anno ci sono stati quasi due funerali), ha creato un clima di incertezza e di restrizioni con il lockwdown, la sospensione delle celebrazione dei matrimoni e l’ulteriore posticipo dei piani di genitorialità. La preoccupazione maggiore è quella di non essere ancora fuori dalla crisi sanitaria e che questa temibile persistenza potrà lasciare ulteriori gravi conseguenze nel nostro Paese. Dunque, una demografia già molto fragile e le variegate difficoltà oggettive ad investire sulle nuove generazioni, rendono ancor più fragili e instabili le previsioni future, che danno voce all’allarme dei Pediatri: “una Italia senza bambini è una Italia senza futuro”.