La (tras)formazione medica: imparare attraverso la simulazione

La (tras)formazione medica: imparare attraverso la simulazione

Ottobre 2018 Off Di Giovanni Brancato

Giuliano Bertazzoni
Direttore Centro di Ricerca CEQUAM

Oliviero Riggio
Presidente CLM “C” in Medicina e Chirurgia

 

L’insegnamento che avvicini alla professione ha preso sempre più piede in questi ultimi anni: le lezioni classiche catturano l’attenzione degli studenti per un periodo più breve rispetto al passato e dopo venti minuti inizia un decadimento della capacità di concentrazione. Pertanto, anche la possibilità di comprendere e ritenere le conoscenze decade insieme ad essa. È risaputo che lo studente ritiene il 20% di quello che sente, il 50% di quello che sente e vede, l’80% di quello che sente, vede, e fa. Inoltre, il processo di ritenzione delle conoscenze si ottimizza quando lo studente ha un ruolo attivo ed è coinvolto dal punto di vista emozionale.

Per questo l’Università sta ripensando la formazione dell’istruzione in Medicina attraverso questa nuova metodologia didattica, la “simulazione”, allo scopo di formare professionisti maturi in grado di fornire una risposta adeguata alle esigenze di salute pubblica. Le potenzialità del mercato sono cresciute in questi ultimi anni e sono accessibili dispositivi che consentono di riprodurre scenari di patologie diverse, sia mediche che chirurgiche, dove lo studente, lo specializzando, il professionista, possono sviluppare le abilità richieste dalle procedure, le competenze necessarie alla corretta presa in carico del caso clinico, maturando un’esperienza utile quando poi il paziente sarà quello vero e non simulato. Con la simulazione è nato un modello didattico alternativo che permette di passare dall’ “osserva e poi esegui” all’ “osserva, poi esercitati molte volte e finalmente fai”. Il manichino/simulatore infatti “consente” l’errore che dovrà essere comunque corretto, ma senza la necessità di evitarlo a tutti i costi pena il danno al paziente. Anzi la simulazione potrebbe portare a un cambiamento di paradigma da un insegnamento finalizzato a evitare l’errore (error avoidance training) a un sistema di apprendimento che ingloba l’errore e lo utilizza per far riflettere l’apprendista sul modo migliore per eseguire una determinata procedura (error management training). Si tratta, se vogliamo, del vecchio “sbagliando s’impara” delle nostre nonne, ma ha dietro le teorie pedagogiche più moderne come il “modello apprendistato” o il “modello LLP (Legittimate Peripheral Partecipation)” nei quali il diventare esperto passa per un progressivo coinvolgimento del novizio, il quale, sostenuto dall’esperto, partecipa a compiti sempre più centrali, passando progressivamente dalla “periferia al centro” nelle attività della comunità di pratiche a cui si prepara ad appartenere.

In queste teorie pedagogiche un ruolo centrale è rappresentato dalla possibilità che il novizio rifletta durante l’esperienza pratica (reflection in action) e dopo averla eseguita (reflection on action). Alla luce di questi modelli didattici è chiaro che la simulazione permette di creare un ambiente di apprendimento in cui l’errore non deve essere per forza evitato, ma anzi può essere utilizzato per far arrivare l’apprendista non solo alla corretta esecuzione della manualità, ma anche allo sviluppo del proprio modo di svolgere il compito, centrale nel cosiddetto “experiential learning”. I vantaggi della simulazione sono anche altri. La simulazione infatti permette di gestire il numero sempre crescente di studenti ai quali è necessario far apprendere le abilità essenziali della professione medica. In questo senso consente di approcciare l’intero curriculum e non solo quello che si ha in maniera contingente a disposizione in reparto o in sala operatoria. Anche eventi infrequenti possono essere affrontati in simulazione e questo di nuovo consente di far interagire tutti gli studenti con casi che altrimenti non sarebbero disponibili a tutti. Consente di aggiustare il livello dell’esercitazione al livello degli studenti, altra cosa difficilmente realizzabile col “paziente reale”. Infine con la simulazione è possibile affrontare casi clinici “simulati”, utilizzare role playing per la comunicazione medico-paziente, andando ben al di là dei manichini simulanti parti anatomiche per l’apprendimento di specifiche manualità.

Da una parte la simulazione è utile come metodica didattica preparatoria all’incontro con il paziente, consentendo, in condizioni di assoluta sicurezza e nel rispetto dell’eticità, l’insegnamento attraverso dispositivi a bassa tecnologia di tecniche procedurali ed abilità come iniezioni intramuscolari, accessi venosi, inserimento di catetere vescicale, di sondino nasogastrico; e dall’altra consentendo, attraverso l’uso di manichini ad alta tecnologia con riproduzione di scenari ad alta fedeltà, la gestione di casi clinici complessi (che possono culminare con l’effettuazione di manovre salvavita, dove, nella realtà, non è possibile rallentare il tempo del soccorso per insegnare, correggere, discutere), il lavoro in team, la consapevolezza dell’errore e la cultura della comunicazione: in una parola, il comportamento corretto.